Luglio 2006
Salve a tutti,
Non lo negherò, Raivavae, piccola isola persa dell'arcipelago delle Australi, lontano al sud di Tahiti, appena al limite dei tropici, e che non avevo ancora mai visitata, ha guadagnato il suo posto nella mia classificà delle più belle isole del mondo, delle più piacevoli, delle più protetti. È un'isola difficile da lasciare: il mio soggiorno, che doveva durare tre o quattro settimane, vi è durato un mese e mezzo... ed ci ritornero probabilmente da qui ad alcuni mesi, quando l'inverno australe sarà passato: infatti, sotto la latitudine delle Australi, da luglio a settembre, fa un po'troppo freddo al mio gusto, non vi si bagna volentieri.
Ho dunque lasciato questa bella isola, dopo averla fotografata sotto tutti gli angoli: la natura ha avuto la buona idea di circondare l'isola centrale, montagnosa, ripida, spettacolare, di una corona di "motu", queste isole basse coralline caratteristiche della Polinesia, che costituiscono per la mia barca che pesca meno d'un metro d'acqua graziosi ormeggi, e che danno all'fotografo, come ne testimoniano le fotografie che illustrano questa lettera, dei primi piani superbi per le sue inquadrature.
Per ritrovare il calore dei tropici, ho dunque ripreso la strada verso il nord: quattro giorni di crociera piacevole, passando vicino, nella nottescura, l'isola - senza ormeggio possibile - di Hereheretue, quindi mettendo il capo sulle Tuamotu del centro, e l'atollo di Makemo. Solo vera avventura di questa traversata, fin dalla prima notte, il mio radar (nuovo, cambiato in Nuova Zelanda, dopo quindici anni di buoni e servizi onesti del precedente) si e fermato di funzionare emi ha privato tra l'altro della sua funzione "vigilia", che mi permette di navigare in solitario in modo più sicuro: un po'come il cerchio magico degli stregoni di una volta, basta creare un cerchio d'allarme attorno alla barca, los trillo del radar misveglia all'approccio di qualsiasi pericolo, altra nave, scogliera o isola, ed anche di qualsiasi nuvole tempestosa che porta venti forti; durante quattro notti, sono stato costretto ariprendere il mio ritmo di altra volta, e di farmi svegliare ogni venti minuti da un contasecondi di cucina per uscire sul ponte e fare un giro d'orizzonte, prima di dormire altri venti minuti.
L'ultima notte, mentre mi aprivo un cammino fra un mazzo di atolli pericolosi completamente invisibili sull'oceano (il GPS ha in gran parte migliorato la sicurezza in questo settore) , ho anche messo in servizio due contasecondi, più lo strillo particolarmente nocivo e tuonando del mio cellulare per tenermi svegliato, tanto avevo timore non sentire lo strillo, e di svegliarmi, come è arrivato ancora recentemente a molti navigatori esperti, arenato su una delle scogliere, bassi sul mare delle Tuamotu.




Ed eccomi, dopo un circuito di due anni nell'ovest del Pacifico, di ritorno nelle magiche Tuamotu, con l'intenzione ben stabilita di gradire nuovamente, tra i mesi che vengono, la loro bellezza grandiose ed isolata, la sensazione inexplicable e forte di essere "alla frontiera", quasi su un'altro pianeta, che vi stringe in questi anelli di corallo, di cui molti sono deserti. Vi lavorerò al mio prossimo libro, un libro di memorie che attualmente, conta già quasi nuovo cento pagine...
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